Dates: November 23rd 2018 – January 18th 2019
Artists: Carlo Colli, Maurizio Savini
Curator: Luca Sposato
OPENING RECEPTION Thursday November 22nd 7-10pm
Dates: November 23rd 2018 – January 18th 2019
Artists: Carlo Colli, Maurizio Savini
Curator: Luca Sposato
OPENING RECEPTION Thursday November 22nd 7-10pm
(Scroll down for Italian)
The coexistence between symbolic colors linked to power and to achromatic and minimalist poetics lives again in the Kunst/Off exhibition, bi-personal show by the Italian artists Carlo Colli and Maurizio Savini.
There was a time when colors had fundamental roles in inhabited environments: decorative applications were used to enhance subliminal concepts or to mimesis the preciousness and power of certain natural elements, such marble and precious stones.
The innate symbolism of pictorial pigments is better understable nowadays by the apotropaic functions attributed to them over time: purple becoming the symbol of high power range, emerald of hope, and so on, rather than by the actual essence – or imitation – of the natural objects intimately linked with their own color, so much to be called the same way.
Colors were a symbol of power, both social a and alchemical, and to show them off became a way to empower the person’s status (like in the heraldic) especially because of the high costs that some colors required, gold and lapis lazuli in the first place.
However we had to wait the post-industrial age to see a symbolic-sentimental feature related to color. The rediscovery of the intrinsic poetic of black and white, in fact non-colors, strong of its success in editorial illustration, was embraced by all kinds artists (just think to the importance of black for Manet or of the white pages for Mallarmè), and became symptomatic of social changes and conquests, where the lower classes, accustomed to a domestic environment poor of color, were able to witness the rise of a more natural, discreet, veristic aesthetic, validated on a European scale by the higher social class.
In the meantime the desire for power (temporal and spiritual) found an outlet in the bright colors, that started to be used in the national flags since then in a much more preponderant way.
Although presenting two researches very distinct one to the other by technique and concept,
Colli and Savini create artworks of strong spatial and environmental impact, almost intrusive in visual perception, but yet synthetic and effective in the technique.
Savini’s sculptures present a shocking pink color, near to bright purple, due to his personal technique involving the use of fiberglass and chewing gum; while Colli draw fully from achromatic aesthetics and rational architectural design. The combination of works of these two artists resolve in a partnership that hybridises both languages, founding a sort of abstract cathedral.
The Pop taste in Savini’s artworks is emphasized not only by the exhausting consume of the object chewing-gum, but especially by that pink-red, persuasive and yet deceptive color, already known in the XIX century heralds, in the high levels of Roman Curia, and industrially applied since the sixties by labels of mass consume products, just think to Coca Cola’s red and its deconstruction by Andy Warhol.
So, from the vivacity of the chewing-gum, emerges an ephemeral, almost eschatological feeling, so evident in the work “Thought’s archeology ” (2017), almost a memento mori.
This peculiarity of Savini’s work often stings like a satire, not abandoned to the mercy of the formal dimension, but strong of the alternation of ironic and tragic lashes: between a laughter and a crying the difference is a grimace. Grimace emphasized by the material/symbol chewing-gum self.
Even in the works of Carlo Colli there is ductility, not only during the creative act, but also in the sculptural power of his works, even if made out of paper. His artworks are now illusory, due the optical effects or the marbled shadows-lights on the folds, as “Post 1415” (2013), now real, marked by lines torn out from the paper or sewn in by adhesive tapes.
The Minimal accent of Colli’s production takes advantage of an emotional charge expressed by the artist’s own gestures during the creative process, almost falling into a more theatrical sphere – where Savini’s works feels at ease.
This unusual friendship between emotivity and minimalism is supported by the intrinsic ability of Colli’s paper artworks to adapt to the space, and is enhanced by their own composition, breaking down into an design of architectural taste that, even if close to Brunelleschi’s logic of embelling the space by underlining its intrinsic structure, is also not far away from the conceptual rigor typical of Gropius work.
Finally, there is an interesting mystical note, more hinted than sought, manifested in the cross perceived in the work “Skin N126” (2016), and even more in the proper deus ex machina “Post 2524 DIO”, captivating metalinguistic game dialoguing with the pinkish installation “Light and shadow fall together” (2017), favoring a touch of contemporary romanticism relative in the contrast between magnificence and decadence.
La coesistenza tra colori-simbolo annessi al potere e la poetica acromatica e minimalista rivive nella mostra Kunst/Off, bipersonale degli artisti Carlo Colli e Maurizio Savini.
C’è stato un tempo in cui i colori erano fondamentali apparati degli ambienti abitati, applicazioni decorative utilizzate per esaltare concetti subliminali o come mimesis di manifestazioni naturali, sorta di surrogati del potere insito negli iridescenti marmi o pietre preziose. La simbologia del pigmento pittorico, piuttosto che la stessa rappresentazione di oggetti naturali intimamente legati alla propria cromìa (spesso da coniarne il nome), è intellegibile con il carattere apotropaico attribuitogli nel tempo: ecco, dunque, che la porpora diviene simbolo di regalità e lo smeraldo di speranza, sia nella loro imitazione che, soprattutto, nella loro natura oggettuale (tessuto e pietra).
Il colore era simbolo di potere, sociale e alchemico, ed ostentarlo divenne ragione di status (si pensi all’araldica) specialmente per i costi elevati che alcune tinte richiedevano, l’oro e il lapislazzuli in primis.
Bisognerà, tuttavia, attendere l’epoca post-industriale per vedere un carattere simbolico-sentimentale legato al colore. La riscoperta della poetica antitetica del bianco e nero, di fatto non-colori, evidente nel successo dell’illustrazione editoriale, la cui pura essenza viene esaltata da artisti di ogni genere (basti pensare al nero per Manet e la pagina bianca di Mallarmè), è sintomatica delle conquiste e dai cambiamenti sociali, dove le classi meno agiate abituate ad un vissuto domestico povero di colori, hanno potuto assistere alla riconquista di un estetica più naturale, affatto sgargiante, verista, validata su scala europea dalle classi sociali più agiate. Al contempo la brama di potere (temporale e spirituale) ha trovato sfogo nelle tinte accese sfoggiate nei vessilli nazionali in maniera molto più rilevante rispetto al passato.
Pur presentando due ricerche ben distinte nei metodi e nei concetti, Colli e Savini sviluppano proposte dal forte impatto spaziale e ambientale, quasi invadenti nella percezione visiva eppure sintetici, efficaci, nella tecnica. Savini si serve della scultura per la creazione di opere di colore rosa shocking vertente al purpureo sgargiante, sviluppando una tecnica personale che prevede l’utilizzo di vetroresina e gomma da masticare, mentre Colli attinge rigorosamente dall’estetica acromatica e dal disegno razionale di tipo architettonico, in un sodalizio che ibrida i due linguaggi e contribuisce a creare una cattedrale astratta.
Il sapore pop delle opere di Savini viene enfatizzato non solo dallo sfibrante consumo dell’oggetto gomma da masticare, plasmato e deprivato della sua natura e funzione originale, ma soprattutto dal quel rosa-rosso, colore suadente quanto ingannevole già noto negli araldi ottocenteschi, negli abiti dell’alta curia, e applicato industrialmente dagli anni sessanta da marche di largo consumo globale, si pensi al rosso Coca Cola ed alla sua decostruzione tramite Andy Warhol. Dalla vivacità della gomma, emerge così un carattere effimero, quasi escatologico, come evidenziato dall’opera memento mori “Archeologia del Pensiero” (2017). Carattere, spesso pungente come una satira, non lasciato alla mercé della sola dimensione formale bensí forte dell’alternarsi di sferzate ironiche e sferzate tragiche: tra il riso e il pianto la differenza è una semplice smorfia, una deformazione, enfatizzata dalla stessa materia-simbolo della gomma.
Anche in Colli c’è duttilità, non solo nel gesto creativo, ma anche nella potenza scultorea delle sue opere, seppur di carta. Lavori ora illusori, per gli effetti optical o le marezzate delle luci-ombre sulle pieghe, come avviene nell’opera “Post 1415” (2013), ora reali, marcati dalle linee strappate dalla carta o cucite da nastri adesivi. L’accento Minimal della produzione del Colli si avvale di una carica emotiva espressa principalmente dalla gestualità dell’artista durante l’atto creativo, gestualità che va quasi a sfociare nella sfera teatrale, che ben si sposa con l’arte di Savini. Questo insolito sodalizio tra minimalismo ed emotività viene sostenuto dall’ intrinseca capacità delle opere di carta del Colli ad adattarsi all’ambiente, ed esaltato dalla loro stessa composizione, che si risolve in un grafismo dal sapore architettonico, che seppur vicino alla logica del Brunelleschi di valorizzare lo spazio esaltandone la struttura intrinseca, non è nemmeno troppo lontano dal rigore concettuale delle architetture di Gropius.
Infine, resta interessante una nota mistica, più allusa che cercata, manifestata nella croce percepita nell’opera “Skin N126” (2016) ma soprattutto nel deus ex machina vero e proprio di “Post 2524 DIO”, accattivante gioco metalinguistico dialogante con la rosea installazione “Luce e ombra cadono insieme” (2017), favorendo una punta di romanticismo contemporaneo pertinente nel contrasto tra magnificenza e decadenza.